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Un gancio in mezzo al cielo – don Mussie Zerai Yosief

Sulle pareti del lager libico di Berk sta scritto un numero di telefono, a disposizione di tutte le migliaia di prigionieri, migranti e ostaggi di quel campo, uno dei tanti campi di concentramento presenti in Libia. Lo stesso numero lo conoscono le famiglie dei prigionieri, rimaste a casa in Eritrea, Etiopia, Sudan, Somalia e le persone che riescono a scappare e raggiungere il mare. Per tutti loro, quel numero è un punto di riferimento, una speranza, un aiuto, una salvezza. Quel numero di cellulare ha salvato 150000 vite dal 2005 al 2020, (10000 persone/anno). È il numero di don Mosè Zerai o, come lo chiamano più spesso, don Mussie. Ma perché proprio il suo numero? Come è finito scritto sulle pareti di una prigione libica se lui vive in Italia da 29 anni? Cosa rende tanto speciale questa persona? Perchè dovrebbe rappresentare un esempio di umanità per tutti noi? Per conoscere la risposta a queste domande lasciate innanzitutto che ve lo presenti.

Tanti cittadini non si rendono conto che la difesa della democrazia o della pace non si fa nei propri confini nazionali, ma difendendo i diritti umani e civili anche di quelle popolazioni che ci sembrano molto lontane geograficamente.

Mussie Zerai Yosef

Mussie Zerai Yosief nasce ad Asmara, in Eritrea, nel 1975. è arrivato in Italia in cerca di asilo politico  nel 1991, a soli 16 anni, ed ha sperimentato sulla propria pelle le difficoltà che un immigrato deve affrontare in Italia per integrarsi (sfruttamento del lavoro nero, discriminazioni razziste, mancanza di rispetto per la dignità umana, burocrazia intricata e inefficace). Non ha dimenticato la sua gente però, anzi già nel 2003 il suo cellulare squillava senza sosta per portargli le richieste di soccorso, conforto e di informazioni dei disperati alla deriva nel Mediterraneo, in viaggio verso il sogno europeo, in fuga da povertà, conflitti e carestie. Mussie rispondeva al telefono sempre, aiutava tutti senza distinzioni fornendo informazioni sui passi da seguire e inoltrando alla guardia costiera le coordinate delle imbarcazioni alla deriva così da rendere possibili i soccorsi. Senza muoversi dall’Italia e senza alcun giubbetto salvagente quest’uomo è stato capace di salvare migliaia di persone da morte certa, e continua a farlo anche oggi. Nel 2006 ha fondato l’ONG Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo per aiutare richiedenti asilo, migranti e rifugiati ad integrarsi sul territorio nazionale attraverso iniziative sociali, culturali ed educative, oltre a fornire assistenza legale e di formazione specialistica a queste persone. Gli sforzi di don Zerai  gli sono valsi una nomina per il Nobel per la Pace nel 2015, nel 2016 gli è stata assegnata la Colomba d’oro per la pace internazionale, nel 2017 ha ricevuto il Premio MUNDO NEGRO alla Fraternità 2017, per le operazioni di salvataggio di migranti nel Mediterraneo di Habeshia e nel 2023 gli è stato dedicato un posto Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano. Eppure lui non smette di lottare per un’umanità che vada oltre i confini, oltre le frontiere, oltre mari e deserti; una lotta che porta avanti anche dinnanzi all’Unione Europea (leggasi l’appello alla Commissione Europea riguardo alla questione dei migranti), infatti è anche grazie a lui e alle telefonate dei prigionieri se si conosce l’esistenza e la posizione dei tanti lager presenti oggi in Libia e non solo: Tripoli, Kums, Kuffra, Zawiya, Zelatien, Misurata, Sebha; campi in cui ne ONU ne Croce Rossa possono entrare o aiutare ed all’interno dei quali i diritti umani non esistono. 

La storia di Don Mussie Zerai è una vera ispirazione per tutti noi. Nonostante fosse fisicamente lontano dai luoghi di tortura o dai naufragi, le azioni di Don Mussie dimostrano che la distanza non dovrebbe mai essere un ostacolo per aiutare gli altri. Attraverso un semplice telefono, è riuscito a salvare innumerevoli vite e a fornire speranza a centinaia di migliaia di persone intrappolate nella spirale del traffico di esseri umani. È incredibile pensare che solo pochi numeri scarabocchiati su un pezzo di carta possano avere un impatto così profondo sul mondo, ma la storia di Don Mussie è una testimonianza del potere della compassione ed empatia. Tuttavia, è importante riconoscere che non tutti sono impegnati nell’aiutare gli altri come lo è lui. Governi e istituzioni che mettono gli interessi economici e politici al di sopra della vita, della dignità e dei diritti degli esseri umani devono essere ritenuti responsabili e guidati, attraverso il dialogo ed il confronto, verso un futuro migliore per tutti.’